Recensire un gioco come Trek to Yomi trovandosi a giocarlo e rigiocarlo, per conoscere tutte le varie possibilità e tutte le difficoltà, è stata un’esperienza unica, coinvolgente e quasi mistica. È infatti servita più di una settimana, e più di una prima run per capire la vera essenza del titolo.
Il gioco e la storia
Trek to Yomi è ambientato nel Giappone feudale, dove ancora, onore e disciplina nelle arti marziali scandiscono e orientano la vita di tutti i giorni.
Ci ritroviamo a essere Hiroki, un samurai dedito a compiere un viaggio oltre i limiti della vita terrena e della morte, scegliendo la via che riteniamo più appropriata mentre cerchiamo di tener fede a una promessa fatta. La storia in principio ci fa conoscere Hiroki da ragazzino, pronto a combattere un assalto di banditi nel suo villaggio natale, e a fare capire a noi videogiocatori poco alla volta le meccaniche di base del gioco. Dopo la dipartita del suo maestro, si ritroverà assieme alla amica/compagna Aiko, a dover fronteggiare la minaccia di un condottiero che rade al suolo e conquista tutti i villaggi che trova sul proprio cammino. Senza entrare troppo nel dettaglio, per far godere a tutti la trama del gioco, parte da qui il viaggio vero e proprio del nostro protagonista, che si districa attraverso altri cinque capitoli, per un totale di sette, in un crescendo di azione, vendetta e redenzione.

Stile e grafica
A livello grafico Trek to Yomi è una perla rara, qualcosa che difficilmente si può spiegare e far capire bene. Pur adottando visuali a scorrimento e isometriche alternate egregiamente, già viste in qualche titolo della passata generazione di console, il gioco presenta uno straordinario uso totale del bianco e nero, che valorizza ancora di più i chiari e sentiti riferimenti al cinema del maestro Kurosawa.
In un’epoca in cui la ricerca della perfezione grafica la fa da padrona, assistere a un’opera che richiama alle pellicole cinematografiche traballanti e sfocate degli anni ’70 è qualcosa che riempie ancora di più e positivamente l’esperienza vissuta giocando a Trek to Yomi.
Unico neo se proprio dobbiamo trovarne uno, della produzione di Menchiari e Flying Wild Hog è rappresentato dal ricercare i tanti collezionabili e loot sparsi per i livelli del racconto, che troppo spesso ci portano lontano dalla strada principale.

Il gameplay
A livello di gameplay, le nostre prime due run, ai livelli più facili sono sembrate durare anche meno delle 7-8 ore nominali che servono per finire il gioco, rendendo il viaggio diverso, a seconda delle scelte che si fanno, e sempre curiosamente bello. Il combat system pieno ma un po’ confusionale fa riferimento, seppur in una variante a scorrimento, ai più acclamati soulslike e lascia più che soddisfatti nell’uso di parry e varietà di combo. Nell’ultima prova invece effettuata a livello kensei, il penultimo in successione e quindi non il “veryhard”, tutte le categorie di attacchi e difese sembrano scomparire a favore di un equilibrio tra il danno mortale che i nostri colpi infliggono ai nemici, e viceversa. Le armi, che recuperiamo progredendo nella storia, eccezion fatta per l’arco e le frecce ai livelli più alti diventano pressoché inutili, perché o troppo deboli o lente.

Conclusioni e valutazione
Trek to Yomi fa della ricercatezza stilistica e grafica il suo punto forte, eppure anche la trama e la giocabilità non hanno niente da invidiare a titoli più blasonati come Sekiro o degli evergreen come Tenchu.
Solo la componente bianco e nero potrebbe far storcere, inizialmente, qualche naso ma in realtà dopo la prima mezz’ora di gioco, diventa quel plus che vi farà ricordare per molto tempo questo titolo.
A dispetto delle aspettative per una produzione piccola e magari non troppo pubblicizzata, Trek to Yomi è un gioco assolutamente da provare, complice anche la sua inclusione al Day One nel GamePass di Microsoft.