Monkey Island
Settembre 1990. Le avventure grafiche stavano vivendo un’epoca d’oro e un grande titolo è entrato, come un fulmine a ciel sereno, nelle nostre vite, forse scombussolandole, forse smuovendo e ricalibrando l’idea stessa di videogioco. Oggi sono 32 anni, circa, da quando Guybrush Threepwood, un giovane smemorato sognatore che voleva essere un pirata, apparve sull’isola di Melée per iniziare la sua grande avventura e affrontare il malvagio capitano LeChuck. Come piace ricordare a me, The Secret of Monkey Island è nato senza troppe pretese, proponendo una modalità di gioco già esistente, non innovando completamente la categoria delle avventure grafiche. Ebbene, in pochissimo tempo il titolo è diventato un punto di riferimento per le stesse ed un videogioco cult. A renderlo particolarmente famoso ed a elevarlo rispetto a titoli dell’epoca furono la fantastica sceneggiatura, una caratterizzazione dei personaggi mai vista ed una colonna sonora senza tempo.
Dopo un lungo periodo di siccità, la saga di Monkey Island finalmente continua finalmente con “Return to Monkey Island“, disponibile dal 19 settembre per PC e Nintendo Switch. Vi lascio al racconto.

L’atmosfera
Che boccata d’aria. La sensazione è quella di respirare nuovamente, dopo un lungo periodo di apnea, un’aria che conoscevamo da bambini. È quasi come tornare alle vacanze estive, intervallate da un lungo e dolente periodo in città, pieno di penuria e povero di idee, come rievocare un album di fotoricordi e sentire la narrazione di cosa c’era dietro ogni singola foto.
Con Return to Monkey Island, Ron Gilbert abbraccia tutta quella malinconia di cui è ricca una saga di questo calibro, incarnandola in un videogioco che riporta letteralmente il passato al presente, le nostre menti all’infanzia ed il nostro cuore a casa. Per questo è difficile parlare di una saga ha lasciato il segno, con un tipo di umorismo, un gusto per il genere e l’amore per gli enigmi incomparabili.
Return to Monkey Island è un favoloso groviglio di enigmi ben congegnati, pieni zeppi di una logica, temperati ed arricchiti da un senso dell’humor e da un contesto bizzarro. Ma ciò che maggiormente spicca è il senso di nostalgia, arricchito da un lavoro sulla narrazione impagabile. Niente, a questo proposito, sembra forzato. Il lavoro operato dal team di sviluppo per inserire ed incastrare Return to Monkey Island all’interno della serie è ottimo (la storia, gli enigmi e i dialoghi sembrano ancora far riferimento alle vecchie uscite). E come spesso accade con altri prodotti di intrattenimento perpetrati da personaggi lontani dai vent’anni, il gioco propone una riflessione sul passare del tempo, sul fatto che non siamo più quello che eravamo in gioventù, e quindi, con uno sguardo diverso dal mondo, per poter discernere quali cose valgono adesso, in contrasto con tutto ciò che facevamo da giovani.

Concentriamoci sul titolo
Return to Monkey Island è un sequel diretto di Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge del 1991, titolo che ha avuto uno dei finali più misteriosi nella storia dei videogiochi.
Il gioco si svolge diversi anni dopo LeChuck’s Revenge e presenta una nuova avventura del pirata Guybrush Threepwood, adesso più anziano e alla ricerca del Segreto della famosa Monkey Island, di cui nessuno ha idea di cosa sia, grazia all’utilizzo di un enorme flashback nel quale il protagonista narra l’avventura da vivere al figlio.
E non sarebbe Monkey Island senza la annosa e perenne diatriba Threepwood-LeChuck. I due tornano quindi a un conflitto di rivalità, mentre si dirigono ancora una volta sull’isola nota. Quindi, abbiamo l’inizio di una storia così folle, enigmatica e divertente che è all’altezza di ciò per cui il franchise è noto, offrendo allo stesso tempo un’esperienza moderna che non si basa solo sulla nostalgia. Grazie all’implementazione di dialoghi umoristici e intelligenti, la trama presenta elementi ed eventi bizzarri, colpi di scena insoliti e insegnamenti che vengono trasmessi in modo leggero e rilassato, oltre ad un sistema di scelte che generano sì reazioni e dialoghi differenti ma che non intaccano minimamente l’esito della trama.

I riferimenti sono punti cardinali
La ricca storia introduce una piacevole quantità di riferimenti ai primi capitoli della serie, in particolare a The Secret of Monkey Island, rappresentando e portando sul palcoscenico luoghi e volti già familiari ai fan della serie. Sopapo Island, Dona Vodu, Elaine e Wally sono alcuni dei ritorni più acclamati e molto importanti nel corso della narrazione.
C’è ancora spazio per giocare con i riferimenti, con Guybrush che scherza sul fatto che le sue avventura si concludano sempre con finali paradossali e folli e l’aggiunta di momenti metalinguistici nei quali i personaggi si riferiscono direttamente agli sviluppatori. Chiaramente, non è un titolo per tutti e chi non ha avuto il piacere di provare alcun videogioco della serie potrebbe perdersi tra il mare di richiami operati. Per cercare di aggirare questo problema, il gioco offre un sistema extra nel menu principale il quale tenta affannosamente di riassumere ciò che è successo sino ad ora (peccato che, anche a causa della grande varietà contenutistica dei titoli precedenti, questo sistema risulti un po’ disordinato, non riuscendo a spiegare perfettamente le varie fasi della saga).
Ma, ovviamente, non tutto è già stato visto. Senza spoiler, possiamo tranquillamente affermare di aver apprezzato notevolmente la presenza di tre nuovi personaggi, i Capi dei Pirati, fondamentali all’interno della trama di gioco e ben realizzati!

Il gameplay
Come ci si poteva aspettare, Return to Monkey Island ritorna ad abbracciare il genere punta e clicca, con molti enigmi da risolvere per progredire nell’avventura. Il titolo offre due diversi livelli di difficoltà. La prima (considerata standard) è la modalità Casual, che presenta enigmi ben congegnati e divertenti. Il giocatore deve essere attento alla storia e ai dialoghi per tracciare connessioni tra personaggi, oggetti e luoghi per risolvere i problemi. Occorre esplorare molto, combinare oggetti e interagire sempre con gli scenari. L’altra è la modalità Difficile, in cui gli enigmi si fanno un po’ più complicati. Le fondamenta degli enigmi rimangono invariate, ma le modalità attraverso le quali è possibile ottenere un oggetto o eseguire una certa attività muta sino a raggiungere una difficoltà maggiore. Inoltre, entrambe le modalità presentano un sistema in grado di aiutare i videogiocatore che si sentono “bloccati” in un enigma: un libro magico di Dona Vodou, in grado di fornire indizi su cosa e come una determinata attività deve essere compiuta, senza offrire immediata soluzione ma incoraggiando il giocatore a spremere le proprie meningi.
E se parliamo di avventure grafiche, non possiamo non citare l’intero sistema di puzzle. Come frequentemente accade in questo tipo di giochi gli enigmi sono sfalsati e la loro risoluzione è ciò che ci permette di avanzare nella storia. Avremo un libro dove potremo vedere le missioni che abbiamo attive, da quelle più generali, come scoprire il settore Monkey Island, a quelle minori. Ed è fantastico come si intersechino tra di loro le missioni e quanto sia profondo il sistema di costruzioni delle attività. Non sempre è tutto a portata di mano (anzi, quasi mai), eppure il titolo cerca di invogliare il videogiocatore a guardare oltre il proprio naso, conscio della particolare complessità degli enigmi che presenta ma sempre propositivo ed in grado di accendere anche le menti più sopite.

Uh che argomento, la grafica
Non avrei mai potuto esimermi dall’affrontare, anche brevemente, la questione della rappresentazione grafica, anche in virtù delle polemiche suscitate dalla scelta di tranciare i legami con il passato per abbracciare uno stile creativo diverso. Ma facciamola breve e non tiriamo questo argomento per le lunghe.
L’aspetto visivo è eccellente. La peculiare scelta di non utilizzare più la classica pixel art è un grande successo da parte dei suoi creatori, i quali hanno sostenuto che, pur considerando l’idea di tornare alle origini, hanno voluto offrire un nuovo gioco che, al di là della nostalgia e ringraziando il passato, possa conferire al videogiocatore nuove possibilità in termini di creatività. Il titolo presenta disegni stilizzati, quasi a voler rappresentare un libro di fiabe ma con un dettaglio grottesco nei primi piani. I colori vivaci, le animazioni dello scheletro e l’uso di luci e ombre mostrano un lavoro impeccabile. Il resto sono gusti personali.
Grazie, di cuore
Sono passati vent’anni eppure Ron Gilbert e Dave Grossman hanno dimostrato di non aver perso la capacità e l’abilità di raccontare una bella storia. Return to Monkey Island è il ritorno di un franchise classico che tutti stavano aspettando, un’opera autoreferenziale nella quale possiamo ritrovare noi stessi di una volta e rinfrescarci la memoria grazie ad un bellissimo libro dei quiz, con piccole carte da collezione che ci metteranno costantemente alla prova. Return to Monkey Island è divertimento allo stato più elevato, una delle migliori avventure grafiche del 2022 e sicuramente una tappa obbligata per chiunque abbia mai messo piede a Monkey Island e non solo.
Return to Monkey Island
è un capolavoro, figlio e nello stesso tempo padre di tutte le avventure grafiche e narrative, opera maestosa e completa che arricchirà il cuore dei vecchi pirati e sconvolgerà quello dei neofiti.