Partirò dalla fine: Yakuza like a dragon: I.W. è tutto ciò che uno Yakuza dovrebbe essere e forse molto di
più, è la summa del lavoro decennale di Sega che racchiude la nostalgia ed ingenuità (in senso positivo)
degli Shenmue e la follia del penultimo Like a Dragon con protagonista Ichiban. Ma è anche cultura del
videogioco giapponese con i suoi ritmi lunghissimi, i suoi dialoghi folli ma profondi sul senso della vita e
sull’ars ludica. Recensire un’opera di tale portata è pertanto anche un’onore per chi ormai a 40 anni suonati
pensa che i videogiochi abbiano ancora moltissimo da dire.
Io sono Ichiban!
Un piccolo riassunto della storia di Ichiban è doveroso in quanto questo capitolo non è altro che il
prosieguo della storia del simpatico Kasuga Ichiban, ex Yakuza redento che ormai quasi alla soglia della
mezza età ha deciso di chiudere definitivamente con la “fratellanza” tatuata per dedicarsi ad un lavoro ben
più onesto: fare l’addetto in un ufficio di collocamento in cui dare lavoro a vecchi rappresentanti della
Yakuza pentiti e senza lavoro dopo il “primo grande scioglimento”.
Kasuga in questo episodio è pertanto parte della working class giapponese onesta che tenta di dare un
contributo sociale in un Giappone raccontato con toni sempre agrodolci. Ed è questo il punto forte di
questo gioco, la sotria che racchiude, profondissima più di quanto possa sembrare.Infatti per uno studio
giapponese, parlare di questioni sociali così delicate mettendo a nudo le ferite di un paese dipinto, come le
schiene degli stessi Yakuza, come perfetto e senza apparenti sbavature non deve essere stato facile.
Un’altra nota assolutamente coraggiosa introdotta dallo studio Riy Ga Gotoku è l’età del protagonista.
Quanti protagonisti dei videogiochi che vedete ora hanno più di 40 anni con difficoltà a trovare lavoro e
senza uno scopo nella vita? Pochissimi. Certamente perchè probabilmente parlare di uomini di quasi mezza
età senza prospettive non è particolarmente allettante per la massa. Ma questo non è un gioco di massa.
Questo è un piccolo capolavoro sociale. Senza mezzi termini.
Gironzoliamo qua e là:
Veniamo ad un altro punto di forza del gioco: il gameplay. Chi avesse ancora giocato al primo Like a Dragon
(settimo capitolo di Yakuza) certamente saprà che si tratta di un action con elementi J-RPG a turni. Alcuni
potrebbero storcere il naso, ma la sensanzione è al contrario quella di un’insolita freschezza. Il roster dei
personaggi è poi assolutamente sopra le righe, con ricche soprese che per dovere di cronaca vedono il
ritorno dell’indimenticato “drago di Dojima” Kazuma Kiryu (e solo questo vale il prezzo del biglietto).
Ebbene come per un qualsiasi Gdr che si rispetti esiste anche una fase di crafting ben congegnata: ad
esempio è possibile guadagnare moltissimi dollari presso l’isola di Dondoko che farà lievitare le ore di gioco
in maniera esponenziale. La durata complessiva dell’opera è di circa 60 ore che lievitano come per il
sottoscritto fino ad 100 ore se seguirete le quest secondarie, anche in questo caso divertenti e sempre
ricche di spunti.
Vi sono poi dei giochi nel gioco come la cattura ed allenamento dei Sujimon ovvero ex nemici affrontati
dalle sembrianza particolari ed uniche e catturati mediante regali e suppliche che potranno poi essere fatti
scontrare contro altri personaggi all’interno del gioco od utilizzati nell’isola di Dondoko come lavoratori (mi
suona familiare NDR).
Un paesaggio magnifico
Sul lato tecnico il titolo presenta una palette grafica estremamente colorata e giocosa con i dettagli dei
personaggi principali ottimi così come le espressioni facciali. Ogni personaggio ha tratti unici e dettagli che
riflettono la loro personalità e il loro ruolo nella storia. Le espressioni facciali, le animazioni e le espressioni
vocali dei personaggi sono state elaborate con cura per aggiungere profondità e carattere alla loro
rappresentazione visiva.L’ambientazione, dagli edifici alle strade ed insegne, è poi ricchissima di particolari.
In diverse occasioni mi sono ritrovato a gironzolare tra le vie di Honolulu senza una meta ma solo per
goderne la caratterizzazione e l’atmosfera. Unico dato dolente è l’effettistica in quanto il fuoco ed il mare
poteva essere maggiormente curato così come i volti di alcuni NPC un pò troppo anonimi.
Là dove il mare luccica
Il comparto sonoro è stato curato nei minimi particolari con una colonna sonora coinvolgente e che
arricchisce la trama nelle situazioni più concitate. Ma il punto forte è certamente il “non doppiaggio” in
italiano. Si avete letto bene. Perchè dal punto di vista di questo recensore i giochi giapponesi…vanno giocati
con le voci giapponesi (ed i sottotitoli italiani se non siete madrelingua nipponica). Questo perchè i
giapponesi utilizzano toni di voce diversi a seconda del contesto. Ad esempio una ragazza che lavora in un
bar avrà un tono di voce assolutamente differente rispetto ad una donna che lavora per un negozio di
vestiti. Stesso dicasi per gli uomini. Questa pratica di cambiare voce a seconda del contesto lavorativo è
utilizzata da sempre per mettere a proprio agio il cliente, per dare un senso di vigore in alcune situazioni o
semplicemente per creare un clima soft (ci sono moltissimi video a riguardo qualora foste curiosi NDR).
Arcade!
Una piccola nota a margine prima delle conclusioni finali. Come in quasi tutti gli Yakuza (non ad esempio in
Like a Dragon Ishin per ovvie ragioni legate all’epoca in cui si svolgono i fatti) è presente una sezione arcade
sia nell’interfaccia utente con i cosiddetti mini giochi (nel caso di specie Spike Out e Virtua fighter 3 TB) che
all’interno del gioco stesso con sale giochi dedicate in cui sono presenti “fisicamente” alcuni cabinati SEGA
(tra cui il mio gioco di pesca preferito: Get bass!). Per l’occasione e per goderne appieno ho collegato alla
PS5 su cui ho giocato due arcade stick Hori (ed esattamente quello versione Street Fighter 6 e e quello
dedicato a Tekken 8) passando domeniche intere in compagnia di vecchi amici…un’esperienza meravigliosa
che consiglio avendone la possibilità ed il tempo a tutti.